

Argiano è la prima cantina che incontro nel mio breve percorso ilcinese: una cantina che da qualche anno è entrata nel gotha dei pesi massimi italiani grazie a valutazioni elevate della stampa di settore, a punteggi a tripla cifra e a un rinnovamento aziendale che sta portando avanti tanti progetti. Ringrazio il grande Paolo Baracchino per aver agevolato questa mia visita.
Incontro lo staff aziendale in un plumbeo pomeriggio, con un cielo non molto invitante, potendo però contare su una ventilazione decisa che immagino sia fondamentale per la vite e i vigneti aziendali. Incontro Francesco Monari, agronomo aziendale da ormai vent’anni e di certo uno dei responsabili della crescita qualitativa di Argiano: Francesco mi introduce alcune innovazioni che la nuova proprietà ha introdotto. Piccolo cenno storico: Argiano viene fondata nel 1580 prendendo il nome da Ara Janus, Giano, il dio degli inizi, spesso raffigurato con due volti, uno rivolto al passato e uno al futuro. La famiglia Pecci fa costruire la Villa nel 1581 e ne utilizza alcuni locali per la vinificazione. Salto in avanti al 1840, quando Ersilia Caetani Lovatelli – grazie alla rete di conoscenze – fa conoscere i vini di Argiano all’Italia, tra cui spicca Giosuè Carducci (quello di Bolgheri e della siepe tanto famosa). La proprietà passa a un ramo della famiglia Cinzano che ha il merito di adoperare la scienza di Giacomo Tachis per i propri vini, enologo responsabile della nascita di Solengo, a oggi un vero monumento italiano nel mondo dei SuperTuscans. Nel 2014 Argiano viene acquisita da André Santos Esteves, banchiere brasiliano, ancora oggi al timone dell’azienda e responsabile di vari investimenti.






Francesco mi racconta della geo-mappatura di tutte le vigne di Argiano grazie alle frequenze radio e al rimbalzo delle stesse, andando a catalogare le vigne e soprattutto i suoli sottostanti, dando precise risposte geologiche su ciò che sta sotto le piante. In questo modo – con un procedimento lungo e laborioso – l’azienda conosce la propria terra in profondità e può pensare ai propri vini sapendo da quale base partire. L’azienda può contare su una sessantina di ettari che danno vita a circa 330.000 bottiglie annue, ma a colpirmi più di questi dati tecnici è la passione che Francesco mi trasmette parlandomi dei “suoi” vigneti, di come è riuscito a risollevare le sorti di un vigneto considerato obsoleto, rendendolo la base per la propagazione di cloni peculiari, così come del concetto di equilibrio. In questo senso il regime biologico viene approfondito e completato dalla considerazione della vigna come parte dell’insieme, parte dell’ecosistema, non come unico depositario dell’attenzione umana. In questo senso i microrganismi sono liberi di muoversi, così come le scelte nel sovescio sono studiate e applicate con precisione assoluta, anche qui stando attenti alle differenze geologiche emerse durante la fase di parcellizzazione. Le “parti buone” e le “parti cattive” si devono equilibrare in autonomia, dando modo alla vigna di costruirsi da sola le resistenze utili al proseguio della vita. Il ruolo dell’uomo, dell’agronomo, è di custodire questo ecosistema e di coglierne i frutti.
Vendemmia rigorosamente a macchina, con un controllo costante all’ingresso delle uve in cantina, e poi spazio alla vinificazione nell’ampia cantina dominata dall’acciaio, Ci sono vari esperimenti in atto, di cui uno in particolare merita il nostro tempo: Francesco ha rilevato una piccola vigna del 1960 e, comprendendone la valenza storica, è riuscito nell’intento di salvare questo vigneto dall’estirpazione, andando poi annualmente a rinnovare un migliaio di piante con i medesimi cloni trovati in loco. Questa piccola vigna è al momento autonoma e ogni anno viene vinificata separatamente in lotti minuscoli, per cercare di capire come questa porzione di vigneto possa dare un contributo ai vini di Argiano e alla loro storia.






Dopo aver lasciato la vigna ci dirigiamo in cantina, una cantina davvero capiente dove la qualità della tecnologia è rilevante: la struttura è intenzionata a proporre qualità in ogni condizione, potendo anche contare sulla possibilità di selezionare le uve per imbottigliarne solo la parte interessante. Dopo l’acciaio, il legno: l’affinamento in botti grandi avviene sotto la Villa, nelle cantine che sono state completamente ristrutturate e riportate a luogo produttivo, o meglio, a luogo d’attesa. Un luogo affascinante per la potente connessione con il passato rinascimentale e tutto ciò che può essere successo in una villa immersa nella collina di Montalcino. La Villa è anche scenario della collezione privata di Esteves e delle vecchie annate di Argiano, arrivando poi alla sala degustazione dove mi intrattengo in compagnia di Rosso di Montalcino, Brunello e Solengo.
Qui sotto le degustazioni e le mie valutazioni. Riassumendo, Argiano sta compiendo i passi giusti per affermarsi ancora di più nel mondo, grazie a una meticolosità in vigna che, supportata dalla tecnologia necessaria, sta mirando alla perfezione. Ho potuto toccare con mano e vedere il lato umano di un grande nome, con un’eredità importante che non vedo l’ora di seguire da qui in avanti.







ARGIANO ROSSO DI MONTALCINO 2023
Più floreale che fruttato, fiori rossi croccanti, una leggera spezia a introdurre la mora, il mirtillo. Profondo e croccante. In bocca ribadisce la profondità, tannino smussato in favore della verve acida, sempre sulla frutta rossa croccante. Mora, mirtillo, ribes. Chiude tannico e fresco, ampio e mai opulento. Piacevolezza.
IBT 91
ARGIANO BRUNELLO DI MONTALCINO 2020
Tabacco scuro, fave di cacao e una discreta spezia, con la frutta rossa scura a dare profondità. Ampia varietà balsamica, di radici, poi arancia sanguinella. Eleganza floreale. Bocca ampia e inizialmente fresca per dare spazio al tannino, agli agrumi, ancora arancia, ribes. Finisce fresco, tannico, di agrume e pulizia.
IBT 93
ARGIANO BRUNELLO DI MONTALCINO VIGNA DEL SUOLO 2020
Fragola, arancia, cuoio e tabacco, nocciola e amarena, un duetto tra la profondità del frutto rosso e la verve più fresca degli agrumi. Litchi, pompelmo, ampiezza. In bocca è fresco e dal tannino appiccicoso, ancora agrumi, ciliegia e mora, da sangiovese di razza. Finale pulito, fresco, mai opulento, elegante.Grande vino, dalla connotazione aziendale di pulizia nel finale e dalla verve floreale al naso che ha tutta la gamma. Di ottima prospettiva per la cantina.
IBT 95
ARGIANO ROSSO DI MONTALCINO SELLA DEL LECCIO 2020
Arancia sanguinella, fragola e mora, mirtillo e lontana nota ematica. Un filo di legno, cacao e amarena. Profondo. Succoso e pulito in bocca, palato di profondità, dal tannino ben amalgamato alla freschezza. Notte appuntite di agrumi, arancia e limone, poi mirtillo e mora. Chiude sul varietale, di frutta rossa, ottima acidità.
IBT 92
ARGIANO SANGIOVESE 2022
Frutta rossa, mora e ciliegia, discreta spezia di pepe nero e pepe verde, melograno e agrumi. Ampio e profondo. Succoso e di iniziale morbidezza, dalla freschezza secondaria a dare profondità e ampiezza al sorso. Ancora frutta rossa, agrumi, spezie e tannino.Chiude pulito e dai sentori del Cab Sauvignon, di spezie, lunga freschezza, agrumi. Vino di ottima personalità, ampio e profondo, ancora mascherato dall’età giovanile. Di struttura mai opulenta, aderente al sentire della cantina.
IBT 93
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