MICHELE SATTA – BOLGHERI – IN CANTINA
C’è una fotografia nella sala degustazione di Michele Satta con cinque personaggi da nulla, per così dire: Michele medesimo in compagnia di Piero e Lodovico Antinori (Guado al Tasso e Ornellaia/Masseto), Pier Mario Meletti Cavallari (Grattamacco) e Nicolò Incisa della Rocchetta (Sassicaia). Questa foto da sola potrebbe spiegare meglio di tanti discorsi e parole cosa rappresenta Michele per Bolgheri: un pioniere, uno dei primi a credere in questa zona in anni non sospetti e ancora oggi al timone con il figlio Giacomo di una delle Cantine più note della zona.
Rispetto agli altri uomini seduti al tavolo Michele ha mantenuto una radice familiare e una dimensione contenuta rispetto ai numeri nettamente più importanti delle altre Cantine coinvolte. Ciononostante, la qualità produttiva e la costanza di anno in anno si sono sempre mantenute al passo con i tempi e anche con le altre aziende che anno dopo anno sono state fondate qui. Michele nasce a Varese e approda in Toscana per caso, per una sorta di “stage” dopo la facoltà di Agraria: la situazione è favorevole e Michele decide non solo di stabilirsi qui ma di approfondire la viticoltura in proprio acquistando terreni e cantina. La prima vendemmia è nel 1984: da lì in poi la passione non cala, anzi prende piede con l’ingresso in azienda di due dei sei figli, Giacomo e Benedetta.
Michele ha idee un po’ diverse dalla compagine bolgherese e punta parecchio sul Sangiovese e sul Syrah, tanto da farne due etichette autonome affiancate da Piastraia, ovvero il Bolgheri Superiore di Cab Sauvignon, Merlot e le due uve appena menzionate. Oltre a Piastraia l’Azienda propone I Castagni, Bolgheri Superiore da singola vigna di 1.5 ettari, e Marianova, blend di Sangiovese e Syrah. Di fianco troviamo Viognier in purezza, Costa di Giulia bianco di Vermentino e Sauvignon e il Bolgheri Rosso con un’insolita percentuale di Teroldego.
La Cantina è in parte sotterranea con la parte dell’acciaio introdotta da una sala in cui si sperimenta con cemento e soprattutto terracotta, con anfore utilizzate in vinificazione e anche affinamento. I due tini troncoconici battezzati Bonny e Clyde si occupano del grosso delle vinificazioni, con alle spalle una sala degli acciai piuttosto importante e un’altrettanto abbondante sala delle barriques. Il contenitore piccolo è il padrone dei vini più importanti, come accade praticamente ovunque in zona, ma sono sicuro che Giacomo avrà modo di sperimentare altre soluzioni, come già si sta facendo da qualche anno. Poca prassi e tanti assaggi e analisi: questo è il credo ultimo della famiglia.
La sala degustazione si affaccia su un panorama mozzafiato che, in giornate di cielo terso, consente allo sguardo di spaziare in mare per chilometri: un’altra gemma nella corona bolgherese. L’assaggio parte con il rifermentato di casa, il Michè, dalle velleità rinfrescanti e spensierate, passando per il Costa di Giulia 2021, il Cavaliere 2019 e concludendo con Piastraia 2019. Per quest’ultimo vino la Cantina ha pensato di puntare sulla profondità e sull’austerità dell’annata, prediligendo queste caratteristiche alla piacevolezza immediata: niente che non si possa recuperare con qualche anno di affinamento.
Concludo con la sensazione che le avventure per Michele Satta e famiglia non siano finite e ci sarà tempo per andare oltre: la stabilità è evidente così come la volontà di ricerca e perfezionamento. Ringrazio Giacomo per l’invito.
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