LUCA MARENCO – BAROLO – IN CANTINA
Scrivere di una Cantina così recente nelle Langhe è raro perché praticamente ogni pezzettino di terra disponibile è stato acquistato o è gestito da Cantine storiche, riducendo di molto la possibilità di poter creare qualcosa di nuovo. I prezzi della terra sono elevati e la disponibilità fisica di ettari è ridotta all’osso.
Esiste però una terza via ed è quella di Luca Marenco, ovvero il ripristino e il rinnovo delle vigne di famiglia dopo che la Storia economica ha portato i genitori a vivere a Torino. L’affezione alla terra di origine e una scoperta tanto personale quanto coraggiosa hanno dato modo a Luca di pensarsi viticoltore e contadino: ecco quindi le prime vendemmie in affitto in cantina di un amico di Monforte e poi la costruzione della Cantina attuale. Le dimensioni non sono proprio minuscole, potendo gestire ben dieci ettari di vigna e avendo già in progetto di ampliare gli spazi di cantina: i progetti non mancano e non vedo perchè porre freni alle volontà di Luca.
MI incontro con Luca e la mamma Paola nel tardo pomeriggio di un giorno di vendemmia e la Cantina è al lavoro con alcuni travasi (credo): non posso non accorgermi del panorama incantato in cui l’azienda è immersa e anche della pulizia estrema che domina sia nella sala dell’acciaio sia al piano interrato, tra legni (pochi) e gabbioni con le bottiglie in attesa della maturazione. Legni pochi perché Luca ha deciso di utilizzare questo tipo di affinamento solo per il Barolo, che comunque rimane in botte grande per il minimo consentito dal disciplinare, per il gusto acquisito di Luca. Per tutti gli altri vini l’acciaio è l’unica strada.
Compare la Nascetta come unico vino bianco e Luca è uno dei pochi viticoltori a poterla gestire fuori dal Comune di Novello e poterla comunque definire del Comune originario del vitigno per una deroga. I tre rossi successivi, ovvero Dolcetto, Barbera e Nebbiolo in versione light Langhe, sono quanto più vicino possibile al concetto di beva, ed è bello potersi confrontare su temperature e abbinamenti audaci con chi vive il territorio e produce di prima mano.
Un altro argomento scottante è legato al tappo: Luca ha scelto Nomacorc dall’inizio per un discorso di sostenibilità ma anche e soprattutto per evitare qualsiasi tipo di deviazione (non solo TCA): la percentuale di bottiglie “buone” deve essere il più possibile vicino alla zero. Il sughero di qualità è sempre più raro e sempre più costoso, prevedo dunque un passaggio graduale a chiusure più efficaci, Stelvin e Nomacorc in primis.
Tornando al vino, il Barolo di Luca è snello e pieno e le due annate assaggiate – 2016 e 2017 – si equivalgono in bellezza ben sapendo che avranno evoluzioni radicalmente diverse. Il 2018 riposa ancora in vetro e ci sarà modo di affrontarlo più avanti, senza fretta. Concludiamo con un piccolo viaggio in Trentino: Luca Marenco e Castelfeder (Bolzano) hanno lavorato rispettivamente Pinot Nero e Nebbiolo proveniente dall’altra cantina. Un modo stravagante ma quanto mai affascinante di cambiare prospettiva per la propria uva.
Concludo prima di tutto ringraziando Luca per il tempo che mi ha dedicato nonostante la febbre da vendemmia fosse piuttosto alta e segnalando che qui, in località Bergera, si fanno ottimi vini, di beva e pulizia, intensità e territorio. Non posso che aspettarmi il meglio da questa avventura.
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