TIGNANELLO 1980

Approcciare un vino del genere necessita un preambolo diverso: questa bottiglia ha seguito la mia famiglia dal giorno zero, spostandosi in varie cantine e, insomma, facendo parte dell’arredo (in cantina, ovviamente). Il fatto che sia stata acquistata ormai quarant’anni fa da un ragazzo del tutto analfabeta sul vino fa capire quanto il Tignanello sia legato anche alla storia d’Italia e che da sempre sia un simbolo di un certo modo di vedere il vino d’Italia. Ignoro le percentuali di Sangiovese e Cab Sauvignon, quest’ultimo aggiunto dal 1975 in sostituzione delle uve bianche utilizzate in precedenza e che ha decretato la nascita e la consacrazione dei Supertuscan. Stappo con attenzione e vado ad assaggiare un pezzo di Storia e anche un po’ della mia.

Da fermo emergono note evolute con un’abbondanza di ciliegia disidratata, uva passa e frutta secca, porto e leggere spezie, un filo piuttosto distante di pepe nero e cenni ematici. Tracce di legno e succo di prugna, prugna secca, con una nota di cioccolato fondente in evoluzione (secondo giorno mallo di noce). Note silvestri, dalla pigna all’ago di pino, poi funghi secchi e tartufo. Le sensazioni sono molte ma in generale non sembra di avere a che fare con un vino morto o troppo vecchio per raccontare qualcosa, semplicemente la sfrontatezza della gioventù ha lasciato il posto a una maturità che ne è evoluzione ma non rottura. La frutta c’è, anche se in diverso stadio di evoluzione, così come una certa parte scura e balsamica che presumibilmente si può attribuire al varietale impiegato.

Incredibile a dirsi ancora fresco e vivace, con la parte succosa di ciliegia, fragola, amarena e mora a dare un bel colpo sapido che accenna alla salivazione, con altre note a rincorrersi. Note più dure di legno, fungo secco e tartufo, un legno scuro e leggermente friabile, dalla grana spessa a far da contraltare alla succosità e alla freschezza della frutta. Intensità poco sopra la media ma abbastanza inattesa. Tannino non presente, surclassato dalla freschezza del sangiovese. Fragola, caramella alla mora e discreta sapidità.

Di lunga persistenza e intensità sopra la media, cenni di tartufo, legno e cacao a fare da cornice alla succosità della frutta rossa, ciliegia, amarena, prugna, susina e fragola. Succo di prugna e cenni speziati, freschezza lenta a farsi dimenticare.

Che dire, aspettativa pressoché nulla per una bottiglia che di sicuro ricorderò a lungo. Da una parte l’inattesa vitalità, l’eccezionale freschezza per un vino di oltre quarant’anni di età, dai confini netti e precisi, mai sbrodolato ma sempre composto nella sua integrità, nella sua evoluzione, nella sua bellezza. Oltre alla freschezza voglio sottolineare la struttura ancora importante nonostante l’età e soprattutto il grado alcolico, ben al di sotto di quanto si può riscontrare oggi nei vini in commercio. Non spreco altre parole: unico.