LE MACCHIOLE PALEO 2004

Torno finalmente dagli amici di Le Macchiole con uno dei miei vini del cuore, il Paleo, in questo caso in versione vintage risalente alla vendemmia 2004. Come perfettamente riportato dal sito aziendale, l’annata 2004 è stata regolare e non si è dovuto combattere né contro il caldo della Maremma bolgheri né contro l’eccessiva pioggia, con un contributo idrico regolare e un’estate giustamente asciutta ma non secca nè torrida. In queste condizioni la Cantina ha dovuto semplicemente (si fa per dire) seguire il corso della maturazione dell’uva programmando la vendemmia per il momento ottimale coinciso con la terza settimana di settembre. L’affinamento si è prolungato per 16 mesi in barrique nuove fino all’imbottigliamento nel Luglio 2006 e la bottiglia è rimasta in attesa fino a oggi, Febbraio 2022. Il Paleo è il vino simbolo di Le Macchiole, progettato dal 1989 come classico taglio di Cabernet Sauvignon e Sangiovese al 10%, giungendo poi all’annata 1996 con l’introduzione di un 5% di Cabernet Franc, dal 1999 Cabernet Sauvignon con saldo di Cabernet Franc e dal 2001 nella forma attuale, ovvero Cabernet Franc in purezza. Come ho avuto modo di constatare con Cinzia Merli e con altri tecnici di Bolgheri, la qualità si è alzata notevolmente negli ultimi anni grazie alla maturità acquisita dalle aziende e soprattutto dalle vigne, giungendo in alcuni casi all’eccellenza pura (vedasi lo stesso Paleo nell’annata 2016, monumentale). Il lavoro di Cinzia è sempre nel mio cuore per la presenza schiva ed elegante che la cantina ha nel mondo, non rinunciando a una personalità spiccata e sempre volta al raggiungimento della miglior qualità possibile. Assaggio questo Paleo 2004 con grande attesa, contando che è il più vecchio Paleo su cui ho messo naso e palato.

La bottiglia è stata aperta nella serata del primo giorno, tappo estratto perfettamente con una piccola venatura più scura, vino che da subito si è dimostrato pronto alla beva, pur presentando una discreta austerità olfattiva che è il trademark di questo vino in annate tendenzialmente fresche, frutto anche dell’importante apporto della botte in fase di affinamento. Colore scuro ma non impenetrabile, senza riflessi marroni ed opachi come visto nell’annata 2005, perdendo giustamente brillantezza rispetto ad annate giovani. Servito a 16 gradi in Riedel Veritas New World Pinot Noir.

Giorno 1

N. Austero e scuro, con note eleganti di legno, cacao amaro e fave di cacao seguite da una discreta ciliegia, più sul versante dell’amarena che della frutta fresca. Note balsamiche di macchia mediterranea, dal ginepro al corbezzolo, poi mora di rovo e fragola disidratata. Dopo mezz’ora la parte di macchia mediterranea si amplia, riportando immediatamente alla mente la pineta di Bolgheri. Con il tempo si complica con note di frutta secca, radice, un cenno di miele d’acacia mantenendo scura austerità. Leggiadre sensazioni balsamiche di liquirizia di indiscutibile eleganza

P. Ancora fresco, piuttosto solido, concede note fruttate di ciliegia e amarena con cenni di scorza di arancia amara, lasciando poi spazio all’ampia sapidità finemente cesellata su sprazzi minerali e un tannino educato dal tempo ma gioviale, di buon carattere. Non esente da cenni amari, una suggestione di legno antico, di teak.

F. Lungo e austero, dai prolungamenti sapidi a colorarsi di legno, cacao amaro, Mon Chéri al fondente e amarena. Tannino asciugante, ben dosato, minimamente polveroso. Echi di caffè espresso persistenti.

Giorno 2

N. Ampiezza importante oscurata soltanto dalla profondità, con note scure di frutta rossa – ciliegia e amarena – unite a sensazioni tostate, di caffè in polvere e legno secco, ancora teak e un filo di grafite. Il compendio balsamico mediterraneo è ancora vivo, mora di rovo, mirto, corbezzolo, ginepro sfociando poi sulla fava di cacao, il cacao amaro, la ciliegia sotto spirito. Dopo mezz’ora inizia a rischiararsi, accendendo una torcia nella profondità: la frutta rossa si scompone in ciliegia, mora, fragola disidratata e amarena, echi di eucalipto e mentolo.

P. Invariabilmente tannico, dalla componente fruttata succosa di ciliegia e mora ad accompagnare le zone più scure, di terra, cacao, caffè in polvere e grafite. Sapidità importante ma in secondo piano, a riverberarsi però sulla parte finale. Non esente da un’importante bevibilità. Mi sono fermato a descrivere le durezze ma è indubbio l’equilibrio fra le stesse che, coadiuvato dalla freschezza ancora lungi dal distendersi, ne fa un vino dal sorso mai pesante, al massimo riflessivo e austero per il quale è preferibile donare attenzione e cura. Fragola disidratata, ciliegia sotto spirito, confettura di amarena e scorza di arancia amara.

Ricordo perfettamente la prima visita da Le Macchiole nel 2016, al tempo completamente sprovvisto di mezzi per comprendere i vini e quindi messo di fronte alle bottiglie dell’azienda rimasi colpito dalla bontà delle creazioni di Cinzia e della sua Cantina. Negli anni questa sensazione si è trasformata in un sentimento di affetto per Le Macchiole e, credo, per Bolgheri in generale, zona di recente ideazione ma che mi ha convinto da subito. Nonostante lo scetticismo di molti italiani, Bolgheri propone vini ottimi in ogni fascia di prezzo, vini che nonostante le uve internazionali sono ampiamente territoriali, e questo 2004 ne è la prova, proponendo un compendio balsamico difficilmente riscontrabile altrove se non qui, tra mare e macchia mediterranea. Il lavoro di Cinzia, dei figli, degli enologi (prima Luca D’Attoma e oggi Luca Rettondini) e dello staff è di assoluto valore, creando una lunga serie di bottiglie meravigliose di cui avrei sempre bisogno.

IBT 94