UN PAESE DI CANTINE / TRE / PFITSCHER

Lo ammetto, la cantina Pfitscher è entrata nel mio cuore un anno fa nella mia prima visita in cantina, un breve giro di assaggi e qualche acquisto da assaporare con calma a casa: vini di pulizia, carattere e territorio, dalla vocazione alla verticalità e alla freschezza. Uno stile aziendale trasversale che mi ha fatto amare anche il Lagrein, non il mio vitigno altoatesino preferito.

Mi guida Daniel per un giro completo in quella che rappresenta una cantina ormai rodata ma che non si accontenta dello status raggiunto e prova a perfezionarsi. Partiamo dalla sala di vinificazione e Daniel sottolinea il fatto che non ci sia nessuno al lavoro: il frutto della vigna affina a lungo senza manipolazioni, a evidenziare la cura che va riposta tra i filari e non tra i contenitori di acciaio.

La bottaia risuona del medesimo silenzio e una parte è riservata alle barrique per la riserva di Pinot Nero, il simbolo della cantina anche grazie alla preveggenza di papà Klaus che ha preferito questo vitigno ad altri più redditizi ma meno qualitativi.

Se il Pinot Nero Matan rappresenta l’uomo da battere, i bianchi (Pinot Bianco, Chardonnay e le due versioni di Sauvignon) si comportano alla perfezione nella cornice delle norme aziendali, ovvero vini freschi, eleganti, verticali e austeri: la montagna emerge in ogni sorso. Il Pinot Nero d’annata ha una piacevolezza ancora più marcata rispetto all’annata precedente, così come i due Lagrein puntano in alto nella mia classifica.

Chiudo: ho confermato le mie impressioni su questa Cantina, non solo degli ottimi vini ma tutti ugualmente collegati a una precisa filosofia aziendale. Dirò di più, vini che parlano della famiglia Pfitscher: non capita spesso.