Luisa Rocca – Bruno Rocca – Intervista
Potrei anche saltare l’introduzione e saremmo tutti più contenti: Bruno Rocca non ha bisogno di tante parole per descrivere la qualità e l’abnegazione totale per un territorio, le Langhe, un vitigno, il Nebbiolo, e un cru, il Rabajà, che non sono secondi a nessuno. La visita della scorsa estate ha dato conferma dei miei sospetti da affezionato consumatore delle etichette con le piume, potendo anche contare sulla presenza appassionata di Luisa, figlia di Bruno e responsabile delle vendite e del marketing aziendale. Che poi, potrebbe sembrare facile vendere vini di tale qualità: così non è, soprattutto oggi dove tanti in zona fanno grandi vini, dai vicini di casa in poi. Luisa mi ha concesso parte del suo tempo per una lunga telefonata per andare un po’ a fondo di alcuni temi importanti da approfondire. Grazie, Luisa!
IBT: Ciao Luisa, benvenuta su IoBevoTanto! Come procedono le attività di Bruno Rocca? Come è andato il 2020, COVID permettendo?
LR: Ciao Federico! In questo momento ci stiamo dando da fare, ci sono spedizioni da far partire a gennaio, i consueti ordini di inizio anno. Il nostro obiettivo per il 2020 era di allocare tutto entro gennaio 2021, come faccio di solito. Dopo marzo 2020 ci aspettavamo che ci sarebbero state delle difficoltà da parte di alcuni importatori, per via soprattutto dei ristoranti chiusi. Pensavamo che avremmo concluso l’anno con qualcosa di invenduto, ed in effetti alcuni hanno rallentato le assegnazioni. Per contrasto, alcuni hanno ampliato gli ordini e questo ci ha portati a finire le scorte: sto aspettando a Marzo che esca il Nebbiolo e a Gennaio il Barbaresco per avere qualcosa di consistente (in termini di numero) da dare ai nostri clienti.
IBT: Non avete valutato l’opzione di aprire un e-commerce come hanno fatto tante cantine?
LR: Non abbiamo voluto: tante persone hanno chiesto di farsi spedire i vini a casa, un numero ovviamente più alto del consueto. La nostra scelta aziendale è stata di supporto alla filiera, ovvero a chi ci ha dato da mangiare per tutti questi anni, supportando gli acquisti con informazioni relative ad enoteche o locali vicini a chi ci chiedeva i nostri vini. Un modo per tutelare la filiera e per stare vicini a chi lavora con noi. Sottolineo anche che noi in azienda vendiamo molto poco, abbiamo qualche cliente fidelizzato da anni (per alcuni parliamo di decenni) ma la percentuale è davvero bassa. Inoltre, la logistica della vendita online è complessa e per la nostra struttura non è sostenibile sul medio termine, soprattutto un domani quando saremo impegnati anche fuori dalle mura dell’azienda.
IBT: Cosa si prova a portare all’estero le bottiglie con il tuo cognome sull’etichetta?
LR: É un grande orgoglio, è bello sempre presentare ciò che fa la mia famiglia e sapere di farne parte. Mio padre Bruno e mio fratello Francesco si occupano di fare il vino, mentre io lo presento fuori dall’azienda, questi ingranaggi devono andare di pari passo e, devo dire, sono molto fortunata a lavorare con due persone del genere. Mio fratello è innamorato perso del mondo dell’agricoltura, non solo del vino, ma di tutto ciò che la natura comporta. Mio papà ha seguito le orme del nonno e abbiamo anche avuto la fortuna che all’epoca quell’uomo ha investito nel Rabajà (ndr uno dei posti più belli del mondo!).
IBT: I vostri rapporti con i vicini di casa?
LR: Siamo fortunati perchè nel Barbaresco c’è tanta gente che lavora molto bene la terra, la fortuna è anche dovuta alla piccola estensione del comune e del territorio, il rispetto per la terra è un senso comune e nessuno va a ledere sul bene comune. Dappertutto si vedono vigne ben curate, non ci sono problemi con nessuno, anche perché la competizione tra noi non è evidente. Quando sento nominare qualche altro Rabajà eccellente, così come Barbera o Dolcetto o Nebbiolo, sono contenta perchè vince la denominazione ed è un grande vantaggio per le Langhe e per tutti noi vignaioli di questo territorio. Si beve il territorio, si beve la Langa, e una grande bottiglia aiuta tutti i produttori.
IBT: Piccola curiosità: ho notato che in Barolo ci sono alcuni produttori mitologici con poche bottiglie ma una grande attenzione da parte del pubblico di appassionati, con un mercato secondario ampio e talvolta nevrotico. In Barbaresco ci sono nomi del genere?
LR: Onestamente non mi sembra, ovvero c’è qualcuno che potrebbe farlo ma ci vuole molto coraggio. Probabilmente siamo rimasti ancora un passo indietro, ma sono sicura che qualche figura del genere non potrebbe che fare del bene per tutta la nostra zona. Per quanto mi riguarda c’è spazio per tutti, i consumatori sanno bene cosa scegliere e ciascuno ha la coscienza di acquistare. Volendo noi potremmo farlo, ma commercialmente è una scelta lunga e va ponderata con molta cura. Per il momento rimaniamo in questa dimensione che è ottimale per noi e per i nostri clienti.
IBT: Tra i tuoi vini, quale pensi sia percepito meglio? E quale avrebbe bisogno di maggiore incoraggiamento?
LR: L’etichetta che viene percepita meglio è ovviamente il Barbaresco Rabajà, che non ha rivali. Una cosa che voglio sottolineare è che il Barbaresco Currà si sta creando uno spazio importante, con fan accaniti che lo seguono ogni anno, nonostante il fratello dal nome a dir poco ingombrante.
L’etichetta che fa un po’ fatica, ma penso a livello generale, è il Dolcetto, che non viene mai scelto per primo ai banchi di assaggio o durante gli eventi, ma che è un ottimo vino e soprattutto è un vino per tutti, con abbinamenti a tavola davvero numerosi. Nicola Bonera (Miglior Sommelier d’Italia 2010 ndr.) ha fatto un’osservazione estremamente intelligente: è venuto in azienda, ha fatto il giro consueto con vista della cantina e della vigna che abbiamo qui dietro (il famoso Rabajà ndr.), al momento dell’assaggio del Dolcetto è rimasto fermo sul Barbaresco, o comunque sul nebbiolo, perchè l’atmosfera della cantina è legata al 100% a questa uva e a questo vino. Bevendolo in altra sede, Nicola è stato contento di poter dare un’altra possibilità al nostro vino che gli è piaciuto molto, molto di più rispetto al primo assaggio vissuto nel territorio mentale del Barbaresco. Un vino estremamente popolare e regala grandi gioie, si può bere in estate abbassando leggermente la temperatura, si abbina anche a piatti speziati di cucine etniche, un settore che si sta ampliando molto.
IBT: Credi che sul Dolcetto farete un lavoro di ampliamento o rimarrà tale di numero?
LR: La quantità rimarrà la stessa, si tratta della vigna del nonno piantata a dolcetto, per cui il numero non cambierà. Per quanto riguarda la sperimentazione, mio fratello è sempre dietro a pensare e lavorare e ci sta lavorando, ha fatto una piccola prova in questa vendemmia ma non posso dire nulla di più. Secondo noi, fare dei Barbaresco e Riserva eccellenti è il minimo per poter avere credito, ma il livello superiore si raggiunge prendendosi estrema cura anche dei vini di ingresso, che è poi quello che cerchiamo di fare ogni giorno.
IBT: Per quanto riguarda il consumatore, da quando hai iniziato tu come si approccia con le informazioni che stanno dietro a ogni vino, a quei tecnicismi che alle volte sono ostici da digerire?
LR: Quando ho iniziato quindici anni fa ero una ragazzina e sono stata mandata dalla mia famiglia negli Stati Uniti a parlare con buyer e addetti ai lavori più grandi e più esperti. Oggi la sete di informazione è alta, ma non credo che in passato sia stato minore. Credo invece che l’attenzione sia puntata sulla parte romantica che non si può leggere su nessun libro, per cui la motivazione che sta dietro alle scelte in vigna o in cantina. Aspetti che sono interessanti e che sono sempre apprezzati, anche perchè sono distintivi di una certa azienda e non sono replicabili altrove.
IBT: Come è andata la tua prima esperienza come rappresentante dell’azienda di famiglia?
LR: Avevo 21 anni ed ero un po’ scapestrata, parlando con mio padre ho chiesto di andare negli Stati Uniti per studiare la lingua e la sua idea è stata di abbinare lo studio al lavoro, ovvero portare l’azienda in giro per ristoranti, enoteche e distributori. Parlo di cene con il produttore e banchi di assaggio, un lavoro che mi ha posta di fronte a persone ben più grandi di me e soprattutto con più esperienza. Una bella sfida, ma sono ancora qui dopo qualche anno!
IBT: Quali sono le differenze tra i vari Paesi?
LR: Le differenze sono abissali in ogni Paese e fare una distinzione è davvero difficile. Ho la fortuna di girare parecchio e ho approcciato varie culture, per me è estremamente stimolante. Posso anche dire che l’attenzione non deriva direttamente dal mercato in cui sono quella determinata sera, ma è il pubblico che cambia ogni sera e ogni momento è differente. Forse in Asia c’è maggiore rispetto, ma credo sia un approccio culturale differente e rispettoso. Alle volte capita che ci sia qualche tavolo più conviviale, di solito sono amici che non si vedono da qualche tempo e ne approfittano per stare insieme: il vino è anche questo, è convivialità, per cui non mi dispiace, il ricordo che avranno della serata sarà positivo e per questo io sono contenta. Inoltre, avranno anche il ricordo dei miei vini in abbinamento a una serata piacevole: cosa volere di più?
La mia casa è il Rabajà, siamo estremamente fortunati ad essere nati qui e non posso immaginare me stessa o la mia famiglia in un altro posto, a fare altri vini.
[…] Grazie Luisa Rocca. […]
[…] con il consueto piacere da Luisa Rocca e dai vini della famiglia, una Cantina che domina il Rabajà e che negli anni si è costruita una […]