Daniele Galler – Cantina Bozen – Intervista
Ho conosciuto qualche tempo fa Daniele Galler, responsabile della commercializzazione dei vini di Cantina Bozen, conglomerato cooperativo di circa 200 viticoltori e un output di circa 3 milioni di bottiglie. Daniele è appassionato di vino da sempre, una passione che lo ha portato anche a essere formatore FIS (Fondazione Italiana Sommelier). Ho pensato di fare qualche domanda a Daniele, dopo aver visitato il grande cubo della Cantina Bozen e aver fatto incetta dei vini proposti da questo monumento altoatesino. Ecco le risposte.
IBT: Come è nata la tua passione per il vino?
Vivo in Alto Adige da sempre, qui il vino bagna il DNA e fa parte della nostra cultura in modo viscerale, capita di trovarti immerso in una passione senza rendertene conto, ma ho ben chiaro il giorno in cui ho deciso che il vino avrebbe fatto parte della mia vita. È stato il primo vino che mi ha trasmesso un’emozione a farmelo capire: era un sangiovese, bevuto in una tazza di metallo tutta ammaccata a 3500 metri d’altezza su una cima dolomitica. L’ebbrezza dell’altezza, più che quella data dal vino e quel senso di libertà che le vette regalano hanno compiuto l’alchimia.
IBT: Che effetto fa lavorare con l’oggetto di una tua passione, ovvero il vino?
Si dice che se ami il tuo lavoro, non lavorerai un solo giorno della tua vita: vivere della tua passione è gratificante, stimolante e coinvolgente.
IBT: Lavori dal 1997 con Cantina Bozen: come è cambiato il mondo del vino italiano in questi oltre venti anni?
È cambiato il mondo del vino, sono cambiato io, è cambiato il consumatore. Il grande cambiamento nel mondo del vino italiano è iniziato nel marzo del 1986 (scandalo del vino al metanolo ndr): le batoste fanno crescere e lo scandalo del metanolo ha fatto deviare le produzioni verso la qualità. Da allora sempre più cantine hanno l’obiettivo di produrre in tal senso e in Alto Adige si sono fatti passi molto grandi. Trovo che la tecnologia abbia aiutato, ma è l’esperienza e la tradizione che mettono emozione nel vino e lo trasformano da semplice bevanda a processo edonistico.
IBT: Come è cambiato il tuo approccio con il vino, da appassionato a “operatore del settore”?
Conoscenza e ignoranza crescono di pari passo. Il lavoro e la passione mi permettono di fare esperienze e di conoscere ogni giorno un po’ meglio il vino, più conosci più sai di non sapere. Una partita che perdo volentieri.
IBT: Lavori con una cooperativa di circa 200 soci: come si può fare il vino unendo le uve (e le volontà) di 200 famiglie?
In realtà il segreto è quello di non unire troppo, ma di sfruttare l’enorme vantaggio che una diversità di vitigni e di terroir ti concede. In Alto Adige si coltiva la vite dai 200 ai 1000 m di altezza, con esposizioni e terreni che variano tessitura e composizione ogni poche decine di metri. Brezze calde mediterranee e fresche correnti dolomitiche condiscono questo panorama variegato. Questa situazione ci permette di coltivare decine di varietà di vitigni dagli autoctoni puri a quelli tipici e territoriali, senza tralasciare gli internazionali che ci permettono un confronto con il resto del mondo enologico.
IBT: In che mercati si muove Bozen?
Una buona metà della produzione è destinata al mercato provinciale, in buona parte assorbito dal turismo. Il resto si divide in parti quasi uguali tra estero e resto d’Italia.
IBT: Quale è il tuo mercato preferito, quello da cui trai maggiore soddisfazione personale?
Adoro l’alta ristorazione, soprattutto confrontarmi con gli chef e cercare gli abbinamenti perfetti a piatti gourmet. Adoro cucinare e rubare piccoli segreti a chi è del mestiere. Normalmente cedono al terzo bicchiere.
IBT: Il Cubo di Bozen incute un certo timore, anche a distanza: che effetto fa lavorarci dentro?
A me più che timore dona serenità, di notte si illumina, lo vivo come un faro, il cui compito è appunto segnalare gli scogli e indicare la rotta. Il cubo è coperto da una foglia di vite, e le foglie in natura trasformano la luce del sole in energia, mi piace pensare di avvertirla.
IBT: Bozen produce tante bottiglie differenti: per evitare di fare un elenco di nomi, puoi indicarmi il tuo vino preferito della gamma?
Ho iniziato amando i vini di struttura, ora cerco l’eleganza. Adoro il Santa Maddalena tra i rossi e il Pinot Bianco tra i bianchi.
IBT: Quale invece ti sembra un po’ snobbato nonostante sia un ottimo vino?
La nuova cantina sorge a san Maurizio, una zona di Bolzano. San Maurizio unisce due terreni con grande vocazione Gries, per i lagrein e Settequerce per il merlot. Mauritius è il nome antico di questa zona e anche quello dell’unica cuvée che facciamo. Lagrein con un tocco di merlot, è delizioso. Morbido ma potente, seduttore e longevo. Territorio e resto del mondo.
IBT: In quale zona d’Italia ti piacerebbe lavorare?
Il mio lavoro mi fa girare tutta Italia, ogni angolo è un’emozione. Ma le radici sono a Bolzano. Se dovessi vinificare mi piacerebbe lavorare sul nebbiolo. Per vivere però in Toscana. (concordo su tutto… ndr.)
IBT: Quale parte d’Italia ha le carte in regola per diventare un player importante, in termini di qualità, nei prossimi 10/15 anni?
Avranno un ruolo importante le zone che sapranno rinunciare agli individualismi e sapranno promuovere il territorio. Vedo crescere bene sulla qualità tre regioni, – Puglia, Campania e Lazio – meno bene come coesione tra produttori.
IBT: “Isola deserta, Daniele può portare soltanto 3 bottiglie.” Quali? (Potendo scegliere qualsiasi vino…)
Il vino più buono è quello condiviso, sarà triste bere da solo…
- Vega Sicilia “Unico” 1970 per l’emozione;
- Santa Maddalena “Moar” per la sete;
- Krug Clos d’Ambonnay 1995 per il ricordo malinconico di un amico che ho perso.
IBT: Cinque consigli, da formatore FIS, per i novizi appassionati di vino?
- Non vergognatevi mai di chiedere.
- Abbiate sete, anche di curiosità.
- Il vino non è solo un calice, sono volti rugosi di anziani custodi, sono panorami su colline vitate da secoli, sono terreni bagnati lacrime di dolore di fatica e di gioia, per iniziare il viaggio nel vino, bisogna muoversi uscire da casa, e dall’enoteca.
- Abbiate la convinzione che il vino più buono, dovete ancora assaggiarlo.
- Sappiate di non sapere, nemmeno fra cinquant’anni.
Grazie Daniele per il tempo che mi hai dedicato, sperando di dividerci quel Krug di persona, il prima possibile…salute!
Bella e interessante questa intervista. Si percepisce quanto Daniele lavori con il cuore, un grande pregio!!
Grazie Giuliana, un professionista ma soprattutto un appassionato…e non è poco!
ti ringrazio
Grande Daniele come dici tu alcune bevute sono indimenticabili… sei un grande Professionista
Grazie del commento, Raffaele!
detto da te mi lusinga
[…] Ho pubblicato un’intervista con Daniele Galler, responsabile commerciale della cantina. […]
[…] due premesse: 1. il Lagrein non è uno dei miei vitigni del cuore; 2. Daniele Galler è un […]
[…] un periodo in barrique e tonneau, per un vino destinato anche all’affinamento. Un grande grazie a Daniele Galler, con la promessa di andare a trovarlo in Cantina quanto […]