L’ERRORE DI LOUIS OUDART
Da appassionato del nebbiolo in tutte le sue forme, in special modo nelle versioni più pregiate di Barolo e Barbaresco, mi sono imbattuto nel nome di Louis Oudart centinaia di volte: una sorta di santo protettore del Barolo, l’inventore delle tecniche ancora oggi utilizzate, l’amico intimo di Juliette Colbert (Giulia di Barolo) e di Camillo Benso di Cavour. Sue tracce si trovano anche nei libri ufficiali dei corsi AIS.
Ebbene, tutto ciò che si trova in giro è falso. Oudart non solo non ha mai partecipato alla vinificazione di un singolo Barolo, ma non è neanche mai stato in rapporti stretti con i due personaggi di cui sopra. La storia tramandata fino a noi è frammentaria e a tratti mitologica, con scarsa aderenza alla realtà e alla storiografia.
Chi di storia se ne intende ha un vizio, ovvero di andare a cercare le fonti: di Oudart enologo a Barolo non ce ne sono. Ovvero, ci sono alcune testimonianze scritte degli studi compiuti da Oudart nell’ambito enologico al servizio della sua occupazione principale, ovvero il commercio delle uva. Ci sono anche documenti scritti su alcune norme di base redatte da Oudart per avvicinare il vino italiano al vino consumato dagli Inglesi, al tempo grandi consumatori. Un vino meno ruvido grazie a fermentazioni controllate e a rigide norme igieniche in cantina per evitare fermentazioni indesiderate, come progettava in diversi esperimenti a Neive.
Giovanni Dalmasso nel suo Storia della vite e del vino in Italia parla di Oudart nei termini oggi ampiamente in circolazione, ovvero del suo ruolo primario nella creazione del Barolo come lo intendiamo oggi (più o meno) ma purtroppo il libro di Anna Riccardi Candiani, archivista, getta una luce differente sul ruolo del nostro Francese, facendolo scendere dal podio su cui è stato messo senza apparente motivo.
La fotografia in testa, ripresa dal libro Louis Oudart e i vini nobili del Piemonte, è abbastanza eloquente.
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