Focus 002 – Il Qvevri

Il qvevri è l’elemento intorno al quale ruota la tecnica di produzione del vino in Georgia. Il qvevri, o kvevri, condiziona l’intero modo di fare vino nella regione, rappresenta una tecnica davvero peculiare, totalmente differente da quella a cui siamo abituati, ed è stato riconosciuto patrimonio dell’umanità Unesco nel 2013. Questa tecnica di vinificazione si tramanda da millenni, con evidenze archeologiche che ne testimoniano l’esistenza sin dal 6-5.000 A.C.

Focus 002 - Il Qvevri

Il qvevri è un contenitore di terracotta a forma di “goccia rovesciata” con capacità che mediamente si aggira intorno agli 800 litri. Fin qui nulla di particolare. Il contenitore viene “disinfettato” con calce viva, lavato in più fasi, cementato esternamente e finalmente interrato fino all’imboccatura.

Dopo la vendemmia si procede con la pigiatura e il mosto viene introdotto nel qvevri con le vinacce complete: mosto, vinaccioli, bucce e raspi. Nessun lievito viene aggiunto. Il recipiente viene sigillato ed il contenuto fermenta al suo interno per un tempo variabile a seconda dell’uvaggio, anche per mesi.

Durante la fermentazione alcolica, le bucce tendono a salire in superficie, mentre raspi e vinaccioli si accumulano verso il fondo. La forma a V del fondo, combinata con la pressione esercitata dal sedimento, contribuiscono ad estrarre tannini ed altri composti dal sedimento stesso. Il lungo contatto tra bucce e mosto aumenta il passaggio di composti fenolici verso il vino.

La cementazione esterna e l’interramento garantiscono il mantenimento della temperatura, più elevata rispetto a quella esterna, poiché la fermentazione alcolica è esotermica. Il mantenimento della temperatura diventa cruciale per permettere la successiva fermentazione malolattica. Per i vini rossi solitamente si procede ad un travaso in un nuovo qvevri prima della malolattica, soprattutto per limitare il tenore in tannini.

Focus 002 - Il Qvevri

Il liquido ottenuto non ha bisogno di alcuna filtrazione poichè l’alto tasso di tannini fa precipitare le proteine presenti, che rimangono sul fondo del contenitore. Nelle fasi finali della malolattica, quando la temperatura diminuisce per raggiungere l’equilibrio con quella esterna, precipitano anche i tartrati ed il vino si chiarifica e stabilizza.Tutto questo, senza processi cosiddetti “industriali”. Il prodotto ottenuto può rimanere conservato all’interno del qvevri per un tempo teoricamente infinito, un po’ come accade per le nostre botti. 

Ma, alla fine, cosa cambia rispetto al metodo “europeo”, quali sono le peculiarità dei vini prodotti con questa metodologia? Tutti noi appassionati di vino sappiamo bene quanto una piccola variazione nel processo produttivo abbia spesso un grande impatto in termini di qualità organolettiche. I vini prodotti secondo questa metodologia hanno un loro proprio carattere ed hanno talvolta grandi differenze rispetto ai “nostri” vini. Basti immaginare la tecnica sopra descritta applicata alle bacche bianche e quanto sia differente rispetto alle lavorazioni dei bianchi europei.

Ad ogni modo, possiamo riassumere i punti di forza in un contenuto in tannini (e altri polifenoli) mediamente più elevato, una limpidezza ed una lavorazione “naturale”. Questo permette di produrre vini strutturati e longevi.