Uno spettro si aggira per l’Europa: la fillossera.
Parafrasando (incautamente) Marx, il più grande pericolo recente per la vite, e dunque per tutti i suoi derivati, è stato un piccolo insetto infestante che nella seconda metà del 1800 ha causato danni gravissimi e ha modificato la storia non solo del vino ma anche dei suoi derivati (brandy) e dei suoi cosiddetti competitor (whisky).
Il nome scientifico Daktulosphaira vitifoliae è stato stabilito nel 1856 e determina un insetto fitofago, cioè una specie che si nutre di piante, in questo caso le radici della vite europea (Vitis vinifera). Ha origine nel nord del continente americano ed è arrivata in Europa tramite trasporti commerciali marittimi: da quel momento in poi nessuna vite è più stata al sicuro. La fillossera provoca danni ingenti in breve tempo alle radici delle viti europee e le porta alla morte precoce, pur avendo dimensioni molto ridotte, circa un millimetro. Evitiamo di riportare il complesso ciclo di vita di questa specie, ci basti sapere che in breve tempo si susseguono diverse generazioni sempre più numerose e, ovviamente, dannose.
I danni causati sono molteplici e non interessano solo la vite europea. I danni all’apparato fogliare non sono molto gravi e sono causati ad alcune specie di vite americana; viceversa, i danni alla vite europea e alla Vitis labrusca, tipologia di vite americana, sono ingenti: la fillossera provoca lesioni profonde nelle radici compromettendo l’approvvigionamento di nutrimento e la conseguente morte della pianta. La vite colpita da fillossera muore dopo due o tre anni dal contagio.
Dal momento dell’arrivo in Europa, la fillossera ha trovato campo aperto per l’espansione. Possiamo aggiungere l’arretratezza scientifica dell’epoca per affrontare questo pericolo; molti metodi sono stati utilizzati spesso empiricamente, senza sortire alcun effetto positivo.
L’unico metodo che si è rivelato utile è stato l’innesto su radici di quelle viti americane resistenti alla fillossera, ad esempio la Vitis riparia. Avendo radici resistenti, la pianta è al sicuro dall’insetto e può procedere senza altri problemi legati all’infestazione. Questo metodo, se inizialmente non accettato da molti viticoltori, ha risollevato le sorti della produzione di vino e derivati in qualche anno, nonostante la fillossera abbia distrutto una grande percentuale di viti in Europa. Oggi la maggior parte dei vitigni ha radici innestate e la fillossera non rappresenta più un problema. Le viti non innestate sono rare e vengono denominate a piede franco.
La fillossera è apparsa in Francia nel 1863, in Portogallo nel 1865, in Italia nel 1879, andando poi a colpire l’intera Europa ma anche Sudafrica, Tunisia, Australia e Stati Uniti. Nel 1880 sono avvenute le prime prove di innesto in Francia e pochi anni dopo anche in Italia. I risultati positivi hanno tranquillizzato i viticoltori e in qualche decennio la strage è stata fermata.
I danni furono ingenti: solo nella Pianura Padana in Italia il 90% dei vigneti fu distrutto e varie specie di vite si estinsero. In Europa la percentuale fu dell’80%: i danni alla produzione di vino furono incalcolabili e perdurarono per decenni, così come la produzione di distillati di vino entrò in grave crisi. In Inghilterra, il consumo di sherry fu praticamente azzerato per fare posto a whisky e gin, andando a modificare le abitudini sociali ed economiche.
Andando a concludere, la fillossera distrusse il mondo del vino europeo in pochi anni e solo la collaborazione tra i paesi colpiti è stata in grado di trovare una soluzione che, ad oggi, pare definitiva.
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